come coltivare il corbezzolo

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Il corbezzolo: coltivazione e cura

Come si cura il corbezzolo?
Se c’è un arbusto che vale la pena avere in giardino, da Sud a Nord, questo è il corbezzolo (Arbutus unedo): è bello, è buono ed è fitoterapico, ma anche facile da coltivare e a bassa manutenzione, senza dimenticare che non è assetato d’acqua.
È anche la specie simbolo del Tricolore italiano, adottata come tale già nel 1860 all’Unità d’Italia: viene infatti chiamato anche albero tricolore perché durante l’inverno sul fogliame verde sbocciano i fiori bianchi, mentre sono presenti i frutti della stagione precedente che iniziano a maturare e assumono un colore rosso a completa maturazione.

La grande bellezza del corbezzolo

È un cespuglio di un paio di metri d’altezza (ma può arrivare in casi eccezionali a 12 m), che si offre piacevolmente in tutte le stagioni.
È coperto da foglie persistenti e coriacee di 7-12 cm, simili a quelle dell’alloro ma con margine dentellato.
Da settembre in poi, la pianta regala fiori e frutti: i primi sono riuniti in pannocchie pendule di campanelline (al massimo lunghe 1 cm) bianco-giallastre, in mostra sino a febbraio. I secondi sono rotondi, granulosi e coloratissimi (da verdi a gialli-arancio-rossi) con 20-25 semi, hanno polpa gialla e sapore dolce con retrogusto acidulo.

Come si coltiva il corbezzolo

In natura predilige terreni aridi e silicei lungo le coste ricoperte da macchia mediterranea e da leccete, nel Centro e nel Sud d’Italia, fino a 600 m d’altitudine.

Coltivato, resiste fino a Bolzano, lungo la suggestiva passeggiata Guncina, voluta dalla principessa Sissi, purché collocato in posizioni soleggiate.
Va piantato in posizioni riparate dai venti e, nel Nord, in punti esposti a sud.
Rende bene sia come arbusto isolato, sia in una macchia con altri cespugli.
La crescita è piuttosto lenta (quindi non è l’ideale per una siepe), ma non necessita di cure.
Preferisce un terreno acido, povero di sostanza organica e ricco di scheletro.
Si annaffia solo nel primo anno dall’impianto, poi si arrangia da solo. Si concima con due manciate di stallatico pellettato in autunno.
È consigliabile agli appassionati di birdwatching perché i frutti attirano numerosi uccelli, tra cui merli, tordi, gazze, ghiandaie, colombi e tortore.
Vive anche in vaso grande (min 40 cm ø) con ottimo drenaggio e terriccio universale con 1/3 di substrato per acidofile. Deve però essere innaffiato con moderazione in primavera-estate.

Le proprietà fitoterapiche del corbezzolo

È utile per alleviare i piccoli disturbi delle vie urinarie: il corbezzolo ha una composizione simile a quella dell’uva ursina (Arctostaphylos uva-ursi), ma con una quantità di arbutina minore e una di tannino maggiore, per cui disinfetta efficacemente e cura blandamente le cistiti, l’ipertrofia prostatica, le nefriti, l’albuminuria e ogni altro disturbo dell’apparato urinario.
L’alto contenuto in tannino, però, nei soggetti predisposti può irritare il tratto gastrointestinale.

Se si soffre di cistite

In caso di cistite, infondete per 15 minuti 15 g di frutti schiacciati in un litro d’acqua bollente, filtrate e bevete 3-4 tazze al giorno, dolcificando con miele di timo o di castagno. Oppure ponete 10 g di foglie in infusione per 15 minuti in una tazza d’acqua, filtrate, addolcite con miele di erica o di corbezzolo, assumete 3 tazze al giorno. In entrambi i casi, prolungare l’assunzione fino a 3 giorni dopo la completa scomparsa dei sintomi.

Come utilizzare il corbezzolo in cucina

I frutti, raccolti quando assumono il colore rosso, si consumano freschi al naturale (eventualmente pelati), in macedonia al posto degli esotici litchi (ai quali assomigliano per aspetto), oppure si usano per marmellate, gelatine, sciroppi e canditi. Rendono bene anche sotto spirito e, in Sardegna e Corsica, se ne ricava un vino particolare o, per distillazione, una tipica acquavite. Dai fiori le api ricavano un raro quanto prelibato miele dal gusto amarognolo (ottimo con le seadas, tipici dolci sardi): è quindi anche pianta amica degli insetti pronubi.

Seadas al corbezzolo

Ricetta delle seadas

  • impastare 500 g di semola fine di grano duro con 3 uova, un pizzico di sale sciolto in una cucchiaiata d’acqua e qualche cucchiaio di struttoM
  • lavorare bene la pasta fino a raggiungere una consistenza elastica e morbida, lasciarla riposare;
  • grattugiare 1 kg di pecorino fresco e impastarlo poi con la scorza di un limone grattugiato;
  • tirare la pasta in modo da ottenere una sfoglia sottile; ritagliarla in dischi, con l’apposita rotella o un bicchiere rovesciato;
  • distribuire su ogni disco una cucchiaiata dell’impasto preparato e sovrapporre un altro disco di pasta, saldandone bene i bordi inumiditi con albume d’uovo;
  • procedere fino a esaurimento della pasta e del ripieno;
  • friggere le seadas in abbondante olio d’oliva, ben caldo, per circa un minuto, finché non divengono dorate;
  • servire calde, cosparse con miele di corbezzolo.

FONTE AICG